Hummingbird


Hummingbird avevo a suo tempo cercato di vederlo al cinema, ma senza successo. Rimasto in sala se va bene un weekend, aveva avuto una distribuzione pietosa.
Eppure, mesi prima, era bastato il solo trailer per farmi dire: lo devo vedere!

E non solo perché c’era Jason Statham.
È cosa nota che io, quando si tratta di Jason, sono un pochetto parziale (vedi alla voce: In the name of the King, che ho sopportato fino ai titoli di coda nonostante fosse lammerda).
Però qui c’era qualcosa in più.
Il trailer prometteva bene. Non sembrava un inutile sfoggio di machismo decerebrato, col personaggio tutto d’un pezzo e dalla battuta salace che menava a destra e a manca per necessità di target e poco altro.
Sembrava esserci qualcosa in più.

Colpiva, il trailer, per certi dettagli, per certe inquadrature.
La mano di lui che stringe il pugno del bambino nello scatolone.
La ragazzina che urla per strada, a piedi nudi.
Dettagli minimi, che però dicevano che non era il solito film di botte e azione.

Hummingbird 3

Avendolo visto, posso confermare che non lo è.
E non solo perché non è un “semplice” film di botte e azione, di quelli mindless.
Ma anche perché è un film con una sua potenza, visiva e di trama.
Perché visivamente è molto bello, ben curato, con inquadrature studiate e simmetrie splendide, e una fotografia che non ammazza l’occhio eppure rende bene i colori di una Londra notturna al neon, l’alba che si sveglia, o le strade brulicanti di vita durante il giorno.
Perché non cerca il pietismo, la camera non indugia mai più del necessario al mero scopo di darti una gomitata e dirti “guarda quanto sono attento al sociale!” o “indignati con me, forza!”. Degrado e criminalità sono affrontati con sguardo distaccato, imparziale, che ti lascia decidere cosa pensarne senza farti la morale. La scena del camion, in questo, è esemplare.

Hummingbird 1

E per finire, questo film non è uno dei soliti perché, grazie a dio, questa volta Statham non è stato relegato a essere la macchietta di sé stesso, chiuso nel ruolo che hanno scoperto stargli bene addosso e fine.
Capiamoci: io lo adoro nella parte di Frank Martin, quando m’hanno regalato il cofanetto coi tre film saltellavo di gioia. Ma non puoi in eterno continuare a fargli fare sempre e solo Frank-Martin-con-un-nome-diverso.
Hummingbird 2

Qui, invece, Joey Smith è qualcuno di diverso.
Parla, dialoga, è goffo e sicuro di sé, mena ed è menato, raccoglie disprezzo, pietà, amore, diffidenza.
Addirittura è il bersaglio di un lancio di scatolame assortito da parte della ex, in una scena che no, non fa ridere e non vuole far ridere, e che in poche inquadrature riesce a essere profondamente umana e coinvolgente.

Hummingbird 4

E poi c’è lei, Agata Buzek, che interpreta suor Cristina. E regala al personaggio un’umanità, una forza anche nelle proprie debolezze e fragilità, che è meravigliosa.
Difficile non voler bene a Cristina, o non sorridere inteneriti quando ammette che è un mese che non riesce a dormire perché si sente in colpa per aver usato quelle 500 sterline che le hanno regalato per comprare l’ultimo biglietto disponibile per un balletto.

Hummingbird 5

Sono due splendidi personaggi, Joey e Cristina, uniti per un’estate in una “crazy patch”, un momento di follia in cui ciascuno dei due esce da quella che è la propria vita.
E si cambiano a vicenda, in maniera sottile.

Sullo sfondo c’è tutto il resto: chi erano prima della crazy patch; il sottobosco di criminalità in cui Joey si trova a lavorare senza fare domande, ammassando mazzette di sterline nel frigo mentre le grida della ragazzina a piedi scalzi continuano a risuonare; un’amica da ritrovare;  il ritorno alla realtà, a chi sono davvero, a cosa sono davvero; e il miraggio di una qualche forma di redenzione in cui si può solo e soltanto sperare.

Perché dopotutto è stata, per entrambi, solo una parentesi di anormalità.
La data del 1° di ottobre incombe per l’intero film. Monito che ricorda ai protagonisti che, alla fin fine, solo di una parentesi si tratta. Solo di una pausa.
Tutto è destinato a tornare negli usuali binari.
Quasi che certe vite, certe persone, fossero destinate a non poter essere altro che fucked up.

Hummingbird

[Recensione di Hell: qui]

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3 commenti su “Hummingbird

  1. Che dire? E’ Jason e lo vedro’ comunque. Il fatto che sia pure un bel film è un “di più” Pure io mio sono sorbita quella cagata pazzesca di “In the name of the king” dall’inizio alla fine e non credo che Jason abbia mai fatto di peggio. Vederlo in un ruolo che non è sempre il solito mi piacerà

  2. Pingback: Notizie del giorno | Space of entropy

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