Godbreaker – Luca Tarenzi


godbreaker-tarenzi-salani-280x419Titolo: Godbreaker
Autore: Luca Tarenzi
Pagine: 320, dice internet. Mi fido. *
Genere: urban fantasy
Editore: Salani
Lingua: italiano
Trama: Molly è il nome che Margretha usa da quando è arrivata ad Amsterdam, dove si guadagna da vivere lavorando come prostituta, una delle tante ragazze in vetrina del quartiere a luci rosse della città olandese.
Ed è sul lavoro che incontra Edwin, un ragazzo con cui, volente o nolente, instaura un legame che si fa sempre più complicato. Perché Edwin non è una persona normale: è nato nell’Italia fascista e ha smesso di invecchiare da tempo, e tutto ciò che lo muove, da davvero troppi anni, è il desiderio di uccidere una persona.
Chi? Beh, Liàthan, un dio che ha 4000 anni e che ha dimenticato più vite di quante ne ricordi, che passa le giornate e le nottate a stordirsi e annoiarsi, privo di stimoli.
Finché l’arrivo di Edwin e la minaccia che egli rappresenta non lo riscuotono. Il dio ha un anno per fermare il proprio misterioso avversario, o dovrà lasciarsi tagliare la testa, come nella leggenda del Cavaliere Verde.

Il punto, in un libro, non è solo il cosa, ma anche il come.
La stessa storia può essere raccontata in mille modi, più o meno efficaci, più o meno economici.
Qui siamo di fronte a una storia che funziona e corre come il vento, ma soprattutto costruita e raccontata con grazia.

Dalla costruzione dei personaggi alle innumerevoli sfaccettature dell’ambientazione (quelle sviscerate, quelle delineate con due pennellate, quelle appena accennate ma dannatamente efficaci), dalla struttura della trama all’intreccio di rimandi mitico-cultural-iconici, dall’efficacia delle scene all’efficacia dei dialoghi, Tarenzi lavora con grande grazia per raggiungere lo scopo di tenere avvinghiati con una storia di identità, vendetta, amore, follia, inganno e morte.
Il fatto che parli di divinità che si muovono tra Londra, Milano, il Lago Maggiore e Amsterdam non è che una chicca in più che permette alla trama di spaziare, di introdurre elementi fantasmagorici e di creare spettacoli pirotecnici non da poco.

Ci sono momenti e figure che, nel loro piccolo, agghiacciano (il boogeyman, il Re Fungo), e scene con la loro dose di tamarraggine (la Caccia che esce dal fiume).
Ci sono momenti onirici che invidio un casino per come sono stati costruiti e per la sensazione di alienità che riescono a trasmettere senza sforzo apparente, come quello in cui Edwin incontra il “bambino”.
C’è il divertimento di vedere Liàthan alle prese con le bastardate che gli fa Edwin, quando lo spoglia delle proprie certezze, una ad una. O di sentire un vero dio che cita i Ghostbusters e che annuncia (vado a memoria *) “Però se qualcuno mi chiede se sono un dio, io gli dico di sì!”
C’è il piacere di vedere interessanti contaminazioni tra passato e presente, letteratura e realtà. L’aruspice è meravigliosa. Gli aiutanti del fabbro divino sono da brivido. La menzione di Abdul il pazzo è da ghignate. I funghi di Yuggoth m’hanno fatto sorridere come una scema appena comparsi, prima ancora che chi li aveva “evocati” ne pronunciasse il nome. Il dio con le Converse è una di quelle figure appena accennate ma perfette di cui parlavo prima.
E come non si può adorare Siaghal e il suo “L’ho divorato.”?

Un ottimo libro, con immagini potenti a sufficienza per essere ancora qui a distanza di un mese, vivide.
E che m’ha tenuto compagnia durante nove di sala d’aspetto al pronto soccorso, dopo un lieve malore di un parente. Ma questa è, come si suol dire, un’altra storia.

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* ché il libro è in prestito da mia zia, e sebbene l’abbia già finito, si dimentica di ridarmelo, e quindi… Vabbeh, tornerà a casa, prima o poi!

Un commento su “Godbreaker – Luca Tarenzi

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